martedì 23 dicembre 2014

Francia: una campagna contro le molestie

Nella metropolitana di Parigi le donne si organizzano contro le molestie

Secondo un’inchiesta condotta nel luglio del 2014 dal gruppo di donne francesi Osez le féminisme, il 94 per cento di 150 donne intervistate afferma di aver subìto molestie nella metropolitana di Parigi, una delle più affollate del mondo. Tre quarti di loro hanno spiegato di aver cambiato atteggiamento o abbigliamento proprio per paura di essere infastidite.
Il gruppo ha lanciato una campagna per rendere più sicuri i viaggi in metropolitana per le passeggere.

quanto segue è un articolo tradotto dall'inglese, pubblicato su Bustle


Abbiamo tutti sentito parlare di Take Back the Night 1970 raduno femminista che si trasformò in un potente movimento moderno contro la violenza sessuale. Ma ora c'è un nuovo progetto sul nostro radar: una campagna femminista francese chiamata Take Back The Metro. La campagna si compone di un gruppo di donne francesi che hanno lavorato insieme per trasformare il sistema di trasporto pubblico della loro città in una zona sicura per le donne.
Le donne si chiamano Osez le Féminisme, che si traduce in Dare femminismo, e la loro campagna include il coprire la metropolitana di Parigi con i manifesti anti-molestie al fine di recuperare questo spazio. Hanno anche creato un hashtag Twitter in modo che le donne di tutto il mondo possano aiutare #TakeBackTheMetro diffondendo consapevolezza on-line.

L'obiettivo finale del gruppo delle donne, però, è quello di "esporre l'insicurezza delle donne in spazi pubblici e in particolare sul trasporto pubblico", mostrando ai passeggeri ciò che costituisce un comportamento inadeguato. I manifesti sono grafici di avvertimento ai passeggeri contro l'invasione dello spazio di una donna o del toccare una donna in modo inappropriato. Hanno anche voluto istruire gli uomini a non divaricare le gambe in più sedi da seduti (un'abitudine che è più fastidiosa che invasiva, ma, lo stesso, estremamente spiacevole). Per la maggior parte, la grafica dei manifesti è semplice, semplice ed efficace:



Altri sono più divertenti, come il seguente manifesto, che racconta agli uomini come verranno schiaffeggiati se decidono di mettere la mano sul sedere di una donna:
 
Tutto l'umorismo a parte, la campagna è stata lanciata sulla scia di alcune statistiche piuttosto inquietanti per quanto riguarda il sistema della metropolitana di Parigi. Secondo una indagine riferita dalla campagna Take Back The Metro sull'utilizzo del metrò, uno studio ha trovato in luglio 2014 che il 94 per cento delle donne parigine intervistate hanno riferito di aver sperimentato un comportamento sessista sulla metropolitana. Ciò ha portato quasi tre quarti delle donne a cambiare il loro comportamento o gli indumenti quando utilizzano il sistema di trasporto. (Sorprendentemente, Parigi è segnalata per avere il sistema di metropolitana più sicuro tra le altre città del mondo, così si può immaginare come queste statistiche possano essere ancora più preoccupanti in altre nazioni.)
Eppure, a partire da questa campagna in metropolitana, con un clima così pervasivo di molestie sessuali, si offre un potente esempio per le altre città con problemi simili da superare. Già New York City ha in programma di rendere i vagoni della sua metropolitana spazi sicuri per i passeggeri, ma anche il sistema di metropolitana più sicuro al mondo ha una lunga strada da percorrere.

Purtroppo, così fa Paris. Mentre la campagna Take Back The Metro è un inizio promettente, resta il fatto che questi manifesti non sono una parte permanente del sistema della metropolitana di Parigi. Sono anche in grado di eliminare un clima di molestie e avviare un catcalling in sé e per sé. Ci vorrà più di un poster per dissuadere qualcuno dal molestare una donna in una metropolitana, ma questo è qualcosa che la campagna riconosce, ed ecco perché esse si stanno collegando ad una causa ancora più grande.

Come parte della loro iniziativa,
Take Back The Metro incoraggia i sostenitori a firmare una petizione sulla base di un piano dell'associazione di memoria traumatica e Vittimologia per prevenire e combattere la violenza sessuale. Il sito prende atto che l'attuale sistema di trasporto a Parigi rimane relativamente silenzioso su questo problema, e la petizione è stata progettata per emettere una chiamata all'azione. Si chiede non solo la protezione delle vittime di molestie sessuali, ma anche il "sostegno alla qualità". Anche se è scritto in francese, si potrebbe prendere in considerazione la firma qui.
Se la città non risponde alle loro richieste, tuttavia, le azioni della campagna Take Back The Metro offrono una sveglia necessaria a passeggeri e funzionari di trasporto simili. Si può solo sperare che la prossima volta che un senza cervello frequentatore di metropolitana considera toccare la donna accanto a lui, vedrà uno dei manifesti elettorali e ci penserà due volte alle conseguenze a cui andrà incontro. In futuro, tuttavia, avremo ancora bisogno di soluzioni più concrete, come quelle proposte in un recente rapporto di Stop Molestie. Ciò nonostante, questa relazione fa notare che il primo passo per eliminare le molestie di strada è quello di parlare del problema, e la campagna "riprendere la Metro" sembra il modo migliore per ottenere questa conversazione iniziata.

Immagini: Margaux Pastor Crediti per takebackthemetro.com

fonte (in inglese): Bustle

Le schiave dell'ISI

 di Magdi Cristiano Allam

Buongiorno amici!
Com'è possibile che non ci scandalizziamo più di tanto alla notizia che i terroristi dello Stato islamico hanno sentenziato che è lecito fare sesso con le bambine non musulmane fatte schiave, così come possono essere acquistate, vendute o cedute in dono ad altri?
Lo hanno stabilito in un documento ufficiale dal titolo "Domande e risposte sulle donne schiave".


I terroristi dello Stato islamico si basano su quanto fece Maometto e quanto è prescritto nel Corano.
Maometto sposò una bambina di 6 anni, Aisha, e consumò il matrimonio quando aveva 9 anni. Aisha, che divenne la moglie prediletta, era la figlia del suo miglior amico, Abu Bakr, che divenne il suo primo successore o Califfo alla sua morte nel 632.
Nel Corano si legittima il rapporto sessuale con le donne schiave:
"(Vi sono vietate) tra tutte le donne, quelle maritate, a meno che non siano vostre schiave". (IV, 24)
"E chi di voi non avesse i mezzi per sposare donne credenti libere, scelga moglie tra le schiave nubili e credenti" (IV,25)

Nel testo dei terroristi dello Stato islamico si afferma che è consentito catturare donne "non credenti" e che "le donne schiave sono donne che i musulmani prendono dai loro nemici".
Gran parte del documento è dedicata alle pratiche sessuali con le schiave, giustificate dal Corano: "Se è vergine, il proprietario può avere un rapporto con lei una volta accertata la sua piena proprietà - spiega il documento - se non è vergine, il suo utero deve essere purificato (attendere le mestruazioni per essere certi che non sia incinta)".

Dove sono le organizzazioni per i diritti umani? Che fine hanno fatto le femministe? Perché non protestano i governi dell'Occidente che è la culla dei diritti dell'uomo? E la Chiesa e il Papa su questo non dicono nulla? E i musulmani moderati fanno finta di niente? 

È ora di dire basta ai terroristi islamici che decapitano, riducono in schiavitù i non musulmani, praticano la pedofilia!

È ora di dire basta all'islam che legittima la schiavitù, la poligamia, la sottomissione e il maltrattamento della donna, il matrimonio combinato e la pedofilia!

domenica 21 dicembre 2014

Piano antiviolenza: no alla finta democrazia partecipata

ll piano antiviolenza NON si fa con televoto!

Il Dipartimento per le Pari Opportunità ha aperto lo scorso 10 dicembre una pubblica consultazione sul Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere.

L’associazione nazionale D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza, e i suoi oltre 70 centri antiviolenza non parteciperanno a questa concertazione e invitano la cittadinanza ad ignorare questa sollecitazione.

Non è collezionando opinioni e commenti, critiche e suggerimenti, viziati dal pericolo serio della banalizzazione e dello svilimento del fenomeno della violenza alle donne che si affronta il tema dei diritti violati.
Troppi stereotipi e pregiudizi nutrono la percezione sociale e culturale del fenomeno.

I Centri antiviolenza D.i.Re, distribuiti sul territorio nazionale, lavorano su questo da oltre un ventennio anche per costruire una cultura, volta al superamento di clichè e di modelli, attraverso iniziative di sensibilizzazione e di formazione.

La nostra esperienza, i nostri saperi sono stati messi a disposizione del Governo con la partecipazione attiva ai Tavoli di lavoro della Task force interministeriale contro la violenza alle donne, coordinati dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio. Un percorso difficile, discontinuo e poco lineare dai cui esiti abbiamo preso le distanze anche pubblicamente.

Il Governo ha perso un’occasione per fare tesoro dell’esperienza preziosa di chi con le donne lavora da decenni, mettendo a disposizione della collettività analisi, metodi e pratiche.


Diciamo no a questo tipo di consultazione sul Piano!

La libertà delle donne, la prevenzione e il contrasto della violenza alle donne si costruiscono con le donne e con l’autentica partecipazione e il coinvolgimento delle associazioni.

 

mercoledì 17 dicembre 2014

Botta e risposta: Gramellini-Ravasio


Il Pd ha presentato un disegno di legge per abolire dai libri delle elementari le immagini di bambine che cucinano e cullano bambole, nella beata convinzione che siano quegli stereotipi ad alimentare il maschilismo della società e le violenze contro le donne. A me sembra che ancora una volta si giri cerebralmente intorno al punto. E il punto non riguarda la scarsa consapevolezza del ruolo della donna, ma la totale ignoranza del significato dell’amore. La mancanza, cioè, di un’educazione sentimentale. I sentimenti sono stati espulsi dal discorso pubblico. L’orrore può essere raccontato in ogni sua forma, così come la retorica melensa. Ma il sentimento no. Il sentimento viene confinato alla sfera privata per false ragioni di pudore. Solo che, a furia di confinarlo, nessuno sa più cos’è.  
 
Il maschio che picchia una donna è anzitutto un maleducato sentimentale. Uno per cui l’amore si esprime attraverso il possesso di un’altra persona. Mentre l’amore, come ci ha invano ricordato Platone due millenni e mezzo fa, consiste nel desiderare il bene della persona amata anche quando non coincide con il nostro. Consiste nel dare, non nel ricevere. Perciò l’amore è più forte del senso di sconfitta che ti infligge un rifiuto o un abbandono. Perché ti permette di accettare la perdita senza sentirti ferito nell’orgoglio né menomato nella tua personalità. Amare significa sapere accogliere e lasciare andare. E’ l’esatto opposto del possesso. E’ la forma più alta di libertà. Spieghiamo questo ai bimbi delle elementari, e lasciamo in pace le bambole.

 

Caro Gramellini, questa volta sbaglia

Caro Massimo Gramellini,
leggo sempre il tuo Buongiorno, ma questa volta, permettimi, sbagli. E se non fosse perché il tuo Bambole e bambocci sarà letto da migliaia di persone, mamma e papà, non avrei sentito l’urgenza di scriverti questa lettera aperta. Essendo io stessa, prima che giornalista, genitore. Perché, lo dico subito sinteticamente, la mancanza d’amore verso la donna e il suo corpo comincia proprio dalla rappresentazione che ne viene fatta. E quest’ultima ha inizio dalla scuola. Dall’educazione. Rappresentare le bambine sempre e solo come future cuoche, addette alla cura familiare, mamme e bambole è il primo passo per mortificare il loro talento. Ed è nella mortificazione del talento, nell’idea che la donna sia solo “quella roba là” che germina, anche, il seme della violenza. Hai letto alcuni dei commenti sull’impresa di Samantha Cristoforetti? Il più carino diceva che, in fondo, sulla base spaziale, serviva qualcuno che stirava e cucinava. Che faceva la bambola insomma.
Ma per uscire dalle prime pagine dei giornali e venire al quotidiano, basta avere un figlio o una figlia a scuola per rendersi conto come gli stereotipi siano così radicati da aver paura di rifiutarli. Perché “sembri un maschio” se hai i capelli corti e ti piace il calcio; perché sei una “maschiaccia” se alzi la voce e corri; perché è meglio che “non ti stanchi troppo”. Inutile girarci intorno, l’inizio della segregazione delle future donne, della loro debolezza nell’esprimersi e anche nel dire di no, inizia qui. Inizia così. E alla fine, la loro esclusione dal mondo del lavoro, dalla vita sociale, da una relazione vera e alla pari non è altro che una profezia che si auto avvera. In termini più specifici, come scriveva Giorgia Serughetti in Pagina 99: «Il sostrato che alimenta la violenza è fatto di rappresentazioni della disponibilità femminile: affettiva, materiale, sessuale». È quella bambola tanto docile destinata a prendersi cura di noi che vediamo fin dalle scuole elementari e a cui, evidentemente, ci siamo così affezionati da non riconoscerla come carceriere.
Certo che manca un’educazione sentimentale. Ma l’educazione sentimentale non passa forse per dare la stessa possibilità di futuro a tutti i bambini e bambine? Nel rispetto gli uni verso le altre proprio perché, tutti e tutte, devono avere un futuro di pari dignità? È giusto parlare d’amore. Bene, l’amore passa anche per il sogno ad occhi aperti. E il sogno non può avere limiti. Il più grande atto d’amore è quello di trasmettere ai nostri figli e figlie questa folle idea di infinite felicità che li attendono. I limiti, le costrizioni delle aspettative sociali, gli amori negati, i sogni violati e violentati, arriveranno. Ma insegnarli, imporli come modello, questo sì, è il primo atto di mancanza d’amore.
P.S. Giusto in questi giorni è uscita una ricerca in cui 1 italiano su 3 pensa che la violenza sulle donne debba essere risolta in casa. Nella casa delle bambole appunto.

Embrismo. Nazi-femminismo. Mito o realtà?

Raúl Rojas Andrés, laureato in Filosofia, attivista di PODEMOS feminismos.

C’è sempre qualcuno che pur pensando bene del femminismo, è “seriamente preoccupato” invece del nazi-femminismo. Oppure quei benintenzionati e ben intenzionate, che confutando coloro che credono che il femminismo voglia invertire l’ordine del dominino, ribattono: No, ti sbagli. Quello si chiama embrismo, che è l’inverso del machismo”.

Non esiste l’embrismo. Né il nazi-femminismo. Nulla di tutto ciò. Non esiste. In più, non può esistere. “ Ma io conosco una tizia che dice…” Ma sì, conoscerai chi vuoi… Anch’io posso conoscere un tizio che crede che la luna sia fatta di formaggio, ciò non significa che esista il lunaquesismo.
No, anche se ti sembra una menzogna, il lunaquesismo non esiste. Stanotte puoi dormire tranquillo.

Affinché, nel contesto dei movimenti sociali e ideologici, possiamo parlare di ismo, dobbiamo poter riferirci a persone organizzate in un movimento con un’attività reale, non a persone particolari con idee particolari. Questa è la grazia degli ismi: etichette che non si riferiscano a singoli individui, ma a gruppi relativamente omogenei.
Non posso parlare di bosco, solo perché ho incrociato un paio di alberi. Sì, anche io ho incontrato una qualche donna così, ma sono state poche (tre, in effetti) ma il resto delle donne femministe presenti si sono mostrate contrariate e infastidite del loro modo di pensare. Quindi no, non c’è bosco, non c’è ismo. E non può che essere così.

Perché c'è machismo? O meglio: che cos’è il machismo?
Un sistema di violenza, disuguaglianza e dominio, possibile grazie a una cosa chiamata genere (tutt* coloro che sanno cos’è, mi perdoneranno, se lo spiego rapidamente). Il genere è un insieme di idee e valori culturali sugli uomini e le donne: si crede che i primi siano più determinati, seri, responsabili, stabili, aggressivi, attivi, razionali, cioè il genere maschile. Le seconde sono sensibili, affettuose, deboli, vulnerabili, emotive e instabili e, pertanto, esitanti e meno razionali ... ovviamente il genere femminile. Biologicamente. Cose della natura, che ci vuole così.
Si giustifica, così biologicamente, una distribuzione ineguale delle funzioni sociali. Essi adeguati in politica e nell’ambito professionale; esse adatte per obbedire, confinate nel privato. Se il ruolo degli uomini è il dominare (capofamiglia) e lei non ci sta, bisognerà allora sculacciarla. Come il bambino che si comporta male o il cane che fa pipì sul tappeto. Oops… ha cominciato con lo sculacciarla e ha finito per ucciderla. Bah, non ti preoccupare, era solo una puttana.

No, il machismo non esiste, perché ci sono alcuni tizi che sono sessisti.
Esiste perché la cultura (che non conosce confini, classi sociali, spettri politici o generazioni) racconta la storia su ciò che è essere uomo o donna, un racconto che giustifica, normalizza e promuove il dominio, la disuguaglianza, lo stupro e l’ abuso. E la cultura non sono soltanto le idee che le persone hanno, no. La cultura è tutto, dai film che vediamo ai proverbi e abbigliamento, fino al modo che abbiamo di sederci, salutare e parlare o all’architettura delle case (sì, anche quella può essere sessista, anche se ti sembra insolito: becca un piano di una casa romana e vai a vedere cos’è un gineceo). La cultura è tutto. E 'la nostra vita, la nostra atmosfera. Il nostro mondo.
E guarda che non esiste una cultura che dica il contrario né che abiliti il contrario. Senza di essa, l’”embrismo" sarebbe strutturalmente impossibile.

Allora, ragazzi, se non esiste perché se ne parla tanto?
Se diciamo la parola "animale" subito pensiamo a tigri, cani o cavalli, e tuttavia, i mammiferi rappresentano una percentuale ridicola di vita animale, formata quasi tutta (90%), dagli insetti. Così piccoli che non attirano l'attenzione. Né ruggito, nulla. Eppure sono quasi tutto.
Quando diciamo "machismo, pensiamo alle donne con gli occhi neri, uccise e violentate. Queste tragedie, come con i mammiferi sono le parti del machismo che attirano l'attenzione, grande e rumoroso, ma sono solo la punta visibile dell'iceberg. Il resto non lo percepiamo, conviviamo con esso credendo che non sia machismo ma la vita nella sua normalità. E sapete una cosa? Quest'ultimo è verità. Ma è la vita, nella sua normalità, machista. Il normale è machista. Perché il normale obbedisce alla norma.
E la norma è che noi abbiamo diritti e libertà che esse non possono avere. La norma è che esse sono trattate come esseri inferiori. Questa è la norma e questo è il normale, il “naturale”. Poi, ovviamente, arrivano quelle pazze paranoiche a dirci che tutto ciò che facciamo è machista. Saranno esagerate ... guarda, mi dispiace dirtelo, ma io non sono machista, che nella mia vita non ho alzato la mano a una donna. Io sono un tipo normale. Perciò rilassati.
Beh, se sei normale, mi dispiace dirti che, allora, sei machista. Come tutti.
Tutto ciò che fai e del quale non ti rendi conto, non lo fai per cattiva intenzione. Ti comporti semplicemente come ti hanno insegnato. Essere machista non significa voler discriminare le donne. Significa semplicemente discriminarle.

Così è normale che le femministe ci sembrino delle paranoiche nazi-femministe, che non vogliono lasciarci vivere. Normale che ci sembri un'esagerazione che ci dicano che tutto ciò che facciamo è sbagliato e che vedano il machismo anche nella minestra, quando noi non vediamo nessun problema in nessun posto. Il fatto di non vederlo, però, non significa che non ci sia. Più precisamente: esiste perché non vediamo.

(…) Un detto del mio popolo dice che il ladro crede che tutti siano come lui. Noi uomini siamo stati educati a interpretare e costruire le relazioni sociali intorno alla gerarchia, all’autorità, al dominio e alla competitività. Viviamo della mentalità del dominatore e da questa, quando vediamo che le schiave iniziano a ribellarsi, che cosa pensiamo?
Pensiamo che tenteranno di dominarci e prendersi la rivincita. Come dominatori crediamo che tutti agiscano come noi. Però esse hanno cose più utili da fare.
Come vivere la loro vita, per esempio. Come vivere una volta la vita che non le hanno permesso vivere.

Se vogliamo continuare a colonizzare l’Iraq per rubargli il petrolio (senza che nessuno dica niente) diciamo “armi di distruzione di massa!" La gente ci crede e tutti sono contenti/te. Potremmo parlare del 1933, del 1492, della caccia alle streghe… Da sempre, quando abbiamo cercato di giustificare l'oppressione e l'aggressione nei confronti di un gruppo di persone, queste sono state dipinte come aggressive e opprimente, come una minaccia imminente per il buon ordine sociale. Insomma, uno Spauracchio.

L’”embrismo” è solamente uno spauracchio. L’Uomo Nero. Un nuovo Tío Camuñas* che serve per spaventarci e farci credere seriamente che nel tentativo legittimo delle donne di essere libere e uguali – complottino (giudaico-massoniche) per tagliarci il pene.
Accidenti, forse, i paranoici siamo sempre stati noi.

* Uomo Nero, Orco.

(traduzione di Anita Silviano)

Siempre está ese tipo al que le parece muy bien el feminismo pero el feminazismo le “preocupa seriamente”. O esx bienintencionadx que, rebatiendo...
publicoscopia.com|Di Raúl Rojas Andrés

martedì 16 dicembre 2014

Addio anche al reato di stalking


Ne parliamo con l’avvocato Davide Steccanella, penalista a Milano.

Avvocato ci spieghi meglio cosa sta succedendo.
Stiamo parlando di fatto di una depenalizzazione di reati ritenuti di lieve entità.
Il Governo ha attuato quanto già previsto dalla legge delega 28 aprile 2014 n. 67 in materia “di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio”.
In pratica sono rientrati nei reati non punibili anche le condotte sanzionate con la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, il che significa che riguarda la gran parte dei delitti previsti dal nostro codice penale.

E quindi dove sta la differenza nelle modifiche introdotte al codice penale ?
Significa che una persona imputata di avere commesso un reato ritenuto di lieve entità può essere archiviata per inoffensività del fatto.
Diciamo, per spiegarci meglio, che il nocciolo della questione sta nel concetto di “tenuita’ dell’offesa” per escludere la punibilità delle condotte delittuose. Il punto dolente è la estrema discrezionalità del termine” lieve tenuità” che se può trovare adeguata applicazione in materie di quantitativo di sostanza stupefacente o di tasso alcoolico o anche di oggetto di un furto, ne trova molto meno quando, per esempio, si devono valutare gli effetti dannosi subiti in concreto da una vittima di condotte persecutorie.
La ”abitualità” invece, che sarebbe l’ulteriore requisito richiesto per la non punibilità, è più chiaro perché non si applica a chi in passato è già stato condannato per reati analoghi a quello per cui si procede.

Ma quali sono in pratica i reati non punibili con la nuova legge fermo restando i presupposti enunciati?
Per fare alcuni esempi, l’omissione di soccorso, il danneggiamento e la truffa, le percosse e le lesioni personali semplici, la violenza privata e la minaccia, la violazione di domicilio, ma tanti altri ancora.

Incluso lo stalking?
Si, poiché la norma che punisce all’art. 612 bis Cp gli atti persecutori prevede una pena massima di 5 anni.

Devo dire che in tutto questo parlare di” task force” interministeriale per contrastare la violenza sessuale e di genere, questa non mi sembra una bella notizia. Anzi, a dirla tutta, appare una grave regressione. Lei cosa ne pensa e, specialmente, c’è la possibilità di proteggersi legalmente?
Mah, viene specificato con grande enfasi che il legislatore avrebbe introdotto uno specifico rimedio ossia la facoltà, per la persona offesa dal reato, di opposizione entro 10 giorni alla richiesta di archiviazione del PM “per tenuità del fatto”. Tradotto in soldoni, una sorta di “chi tace acconsente”, ragion per cui starà al soggetto denunciante monitorare il conseguente procedimento penale e tenersi pronto, se del caso, a redigere atto di opposizione al Giudice nei termini di legge.
In realtà questa facoltà era ampiamente già prevista per la persona offesa sin dalla originaria emanazione dell’attuale codice di procedura, purchè facesse espressa richiesta di essere notiziata in caso di archiviazione, quindi non si comprende per quale motivo venga spacciato come novità.
La vera modifica resta dunque la possibilità per il PM di archiviare per tenuità del fatto, ipotesi fino ad oggi valevole solo per il procedimento a carico di soggetti minorenni.
Solo che in quel caso la ragione andava ravvisata nel cercare di evitare, ove possibile, un pregiudizio per il minore per il sol fatto di subire il processo.
Qui invece saremmo in presenza di soggetti ampiamente maggiorenni, ed il fatto che la loro punibilità possa dipendere da una eventuale opposizione o meno della persona offesa lascia alquanto perplessi.
Diciamo che non mi esalta una giustizia “delegata alla vittima” in quanto ritengo la giustizia penale materia riservata alla potestà pubblica e non a quella privata.

Rimarrà almeno il risarcimento dei danni nel processo penale?
Ovviamente la persona offesa potrà chiedere il risarcimento con una apposita causa civile ma, a fronte di un fatto ritenuto” tenue”, potrebbe neppure convenire impegnarvi tempo e soldi.

Sinceramente non riesco a ravvisare i vantaggi di queste riforme del sistema sanzionatorio. Né in termini di diritti sociali e basti pensare alla legge contro l’omofobia insabbiata in Senato, né per altri reati come la corruzione, tema purtroppo di grande attualità nella politica italiana. Qual è la sua opinione in merito?
Si dice che l’intervento legislativo dovrebbe incidere anche in materia di prescrizione e che la riduzione delle cause penali potrebbe determinare l’accorciamento dei tempi per i processi che invece verrebbero fatti, ma resto comunque dubbioso. La delega era palesemente motivata dalla necessità di cercare di porre un rimedio al drammatico problema delle carceri italiane ma, a mio parere, pensare di “risolverlo” eliminando i reati futuri, appare, sia consentito, un tantino stravagante, che ne sarebbe infatti di tutti quelli che oggi sono “dentro”, e sono certamente troppi ?
Quanto alla corruzione, pare che l’attuale Premier abbia solennemente annunciato inasprimenti di pena.
Anche qui, non ho ovviamente nessuna “simpatia” per chi svende per pochi (o tanti) denari la propria pubblica funzione, ma un messaggio secondo cui prendere soldi sarebbe più grave che rovinare la vita di una persona, sarà anche molto “liberal”  ma mi piace poco.

martedì 18 novembre 2014

Turchia: educazione sessuale censurata nel 2014

Turchia... direi che nulla capita per caso e quindi che sia un "momento" critico con l'isis in circolazione, per cui la censura purtroppo non mi meraviglia!
Comunque sia, credo proprio che se non si parla con naturalezza quando si spiega il sesso (quando si fa "educazione sessuale") il motivo sia da ricercare nella "vergogna inculcata" anche a chi lo spiega.
In Italia non si spiega con gli anatroccoli, certo che no, ma quante sono le persone che ne parlano con naturalezza? e in quante scuole si fa educazione sessuale? Io non lo so, ma so che il sesso è una delle funzioni biologiche di ogni essere vivente (tranne che per le specie ermafrodite), non ci piove! eppure... ancora per la stragrande maggioranza non c'è naturalezza nel parlarne.
Il diritto delle donne passa anche attraverso una corretta educazione sessuale. Se si negano o nascondono le cose, i giovanissimi cresceranno con idee sbagliate.

questo l'articolo di Marta Ottaviani su LaStampa
Se continua così, gli studenti turchi penseranno che i bambini e i cuccioli degli animali nascano sotto i cavoli. La Mezzaluna è travolta dall’ennesima polemica che vede al suo centro l’esecutivo islamico-moderato, al governo nel Paese da oltre 10 anni e sempre più accusato di aver dato vita deriva autoritaria e conservatrice, anche per quanto riguarda la vita personale dei singoli.  

Tutto è cominciato a inizio settimana, quando Abdullah Tunali, psicologo, già a capo di un branch locale del sindacato insegnanti, ha lanciato l’allarme dalla laica Smirne: i libri di biologia della sesta classe (le nostre medie) sono stati pesantemente ritoccati e privati di alcune immagini, con poca fantasia i disegni che riproducono gli organi riproduttivi maschili e femminili. Se nei tesi dello scorso anno infatti si vedono di che cosa siano composti gli apparati riproduttivi, in quelli di quest’anno ci sono foto di mamme con neonati e animali con i rispettivi cuccioli, soprattutto anatroccoli e orsacchiotti. Un modo per evitare che gli adolescenti scoprano troppo in fretta come sono fatti un uomo e una donna.  

“Nelle edizioni passate – ha detto Tunali al quotidiano Hurriyet – il funzionamento di questi organi veniva spiegato in modo chiaro e scientifico come qualsiasi altra parte del corpo. Quest’anno si è abbattuta una grave forma di censura”. Il sindacalista ha affermato che è preoccupante che negli anni dell’età evolutiva i giovani non ricevano un’istruzione adeguata e scientifica su come sia fatto e funzioni l’altro sesso. “Una carenza del genere – ha continuato Tunali – può determinare un’alterazione seria dello sviluppo dei ragazzi che, spinti dalla curiosità, possono decidere di cercare materiale su siti pornografici o per soli adulti”.  

Non è la prima volta che il ministero dell’Istruzione turco finisce sotto la lente di ingrandimento dei sindacati. Era successo qualche mese fa e la denuncia era partita sempre da Smirne, una delle città turche con lo stile di vita più occidentale. Lo scorso anno il Provveditorato agli Studi della località egea aveva chiesto di ritirare il capolavoro di John Steinbeck, Uomini e Topi dalla lista del 100 libri consigliati. La motivazione della censura erano alcuni passi del testo, giudicati “contrari alla morale” e “diseducativi”.  

A settembre, poi, gli studenti turchi sono stati colpiti da un duro provvedimento che porta la firma del governo centrale di Ankara e che, se da una parte liberalizza l’utilizzo del turban, il velo islamico della tradizione turca, fin dall’età di 10 anni, dall’altra ha attuato un giro di vite, impedendo agli studenti di portare cappelli, berretti, piercing. Tolleranza zero anche verso i tatuaggi le tinte di capelli e make up troppo appariscenti e barba e baffi per i ragazzi. 

venerdì 14 novembre 2014

#PerchéSonoUnaBambina

Quasi 1 ragazza su 4 tra i 15-19 anni nel mondo è vittima di violenze e circa 1 su 10 sotto i 20 anni ha avuto un rapporto forzato.


Perché sono una bambina

Quasi un quarto delle ragazze tra i 15 e i 19 anni nel mondo (quasi 70 milioni) sono state vittime di violenze fisiche, e circa 120 milioni di teenager sotto i 20 anni (una su dieci) hanno avuto un rapporto o atti sessuali forzati.
Inoltre, una ragazza su tre della stessa fascia di età (84 milioni) è stata vittima di violenza psicologica, fisica o sessuale da parte del marito o del partner.
Sono i dati allarmanti diffusi dall'Unicef in occasione della Giornata della Bambina, che si celebra domani 11 ottobre in tutto il mondo. A livello globale, inoltre, circa metà delle ragazze tra i 15 e i 19 anni crede che un uomo sia giustificato a picchiare la moglie o la partner in alcune circostanze come ad esempio: rifiutare un rapporto sessuale, uscire di casa senza permesso, litigare, trascurare i bambini o bruciare la cena.

In alcuni Paesi, ben sette su dieci delle ragazze tra i 15 e i 19 anni che sono state vittime di abusi fisici o sessuali, non hanno mai cercato aiuto: molte di loro pensano addirittura che non si tratti di violenza, o che non sia da considerare un problema.
Un altro dato allarmante è quello sui matrimonio precoci: in tutto il mondo, infatti, più di 700 milioni di giovani si sono sposate prima di compiere 18 anni, e oltre una su tre (circa 250 milioni) sono andate all'altare prima dei 15 anni.

"Questi dati parlano di una mentalità che tollera, perpetra e giustifica la violenza, e dovrebbero far suonare un campanello d'allarme in ognuno di noi, ovunque", ha detto Geeta Rao Gupta, Vice Direttore generale dell'Unicef.

L'Unicef punta su specifiche azioni per prevenire la violenza contro le ragazze: istruire a scuola le bambine, dare loro insegnamenti importanti per la vita. supportare i genitori anche con trasferimento di soldi per arginare i rischi per le bambine. cambiare gli atteggiamenti e le norme delle comunità, rafforzare sistemi e servizi giudiziari, sociali e penali.

"Il problema e' globale, ma le soluzioni devono essere trovate a livello nazionale, nelle comunita', tra le famiglie. Noi abbiamo la responsabilita' di proteggere, istruire e rafforzare le adolescenti. Siamo tutti responsabili di fermare la violenza contro le ragazze e le bambine", ha concluso Rao Gupta.

L’11 ottobre è anche il giorno in cui si celebra Because I am a Girl, la più grande campagna per i diritti delle bambine. Lanciata ufficialmente nel 2012 da Plan International, colorando di rosa i principali monumenti del mondo, è stata ideata dopo che due direttrici nazionali di Plan andarono in un villaggio del Nepal per monitorare il lavoro fatto in loco.

Entrando in un’umilissima casa videro una donna con due bambini, un maschio e una femmina, molto diversi tra loro: il bambino era pulito, ben tenuto, in carne, mentre la bambina era emaciata, sporca, pelle e ossa.
Una direttrice chiese alla donna come mai questa differenza e lei rispose: "because she is a girl", e cosi’ è nata Because I am a Girl. Plan Italia e Fidapa colgono l’occasione della Giornata mondiale della Bambina per proseguire unite nella loro azione contro ogni forma di discriminazione nei confronti delle bambine.
Qui alcune immagini della campagna  Because I am A Girl
 
 

Quando Mah Gul è stata decapitata

Una giovane donna afgana ha rifiutato di prostituirsi. Per questo è stata decapitata dalla famiglia di suo marito.


Quando Mah Gul è stata decapitata

La maggior parte di noi non saprà mai chi era Mah Gul, oppure si dimenticherà molto presto di lei.
Mah Gul era una giovane donna di 20 anni e viveva a Herat, in Afghanistan. È stata decapitata dalla famiglia di suo marito, nell’ottobre del 2012, per aver rifiutato di prostituirsi. Il mondo non ha tremato.
Quando Mah Gul è stata decapitata, nessuno ha acceso una candela. Nessuno ha pregato per lei. Nessuno le ha scattato una foto. Nessuna città ha esposto manifesti con sopra il suo nome e la sua foto.
Nessuno ha raccontato la storia della sua vita, i suoi sogni, la sua felicità, la sua tristezza, il suo sorriso o il modo in cui osservava il mondo.
Quando Mah Gul è stata decapitata, nessuno ha elogiato la sua integrità, il suo coraggio, la sua moralità.
Quando Mah Gul è stata decapitata, i miei amici di Facebook scrivevano dei loro cibi preferiti o delle loro difficoltà quotidiane.
Quando Mah Gul è stata decapitata, gli spensierati ragazzi afgani definivano una giovane donna come una ‘puttana’.
Quando Mah Gul è stata decapitata, i talebani usavano le donne come copertura per portare i loro feriti agli ospedali.
Quando Mah Gul è stata decapitata, gli stanchi poliziotti afgani fumavano in cima alla collina Maranjan.
Quando Mah Gul è stata decapitata, un poeta descriveva il sapore che avevano le labbra della sua amata.
Quando Mah Gul è stata decapitata, i reportage parlavano del dibattito presidenziale in America.
Quando Mah Gul è stata decapitata, un soldato in Afghanistan scriveva una lettera a suo figlio.
Quando Mah Gul è stata decapitata, gli insegnanti afgani ricopiavano per l’ennesima volta una storia noiosa e distorta sulle lavagne.
Quando Mah Gul è stata decapitata, una prostituta di Kabul era appoggiata a un muro freddo, piangendo dalla fame.
Quando Mah Gul è stata decapitata, le emittenti televisive afgane trasmettevano le soap opera indiane.
Quando Mah Gul è stata decapitata, il nostro vicino stava picchiando di nuovo sua moglie.
Quando Mah Gul è stata decapitata, le donne di Herat stendevano le camicie ad asciugare, sperando di sentirsi un giorno libere.
Quando Mah Gul è stata decapitata, le donne americane facevano yoga per alleviare lo stress.
Quando Mah Gul è stata decapitata, un “intellettuale” afgano commentava il fatto che oggi le donne indossano veli più piccoli, e un mullah locale predicava di come il lavoro alle donne promuove la prostituzione.
Quando Mah Gul è stata decapitata, Angelina Jolie non lo sapeva.
Quando Mah Gul è stata decapitata, le nostre allieve non hanno indossato veli neri in segno di lutto.
Quando Mah Gul è stata decapitata, il presidente era molto impegnato.
Quando Mah Gul è stata decapitata, il mondo non ha tremato. In ogni parte del pianeta, le persone continuano la catena di montaggio delle loro vite.
Quando Mah Gul è stata decapitata, sua madre ha sorriso, perché sua figlia era finalmente libera.

Dal blog di Noorjahan Akbar per The Post Internazionale
 
(Traduzione di Federica Flisio)

La Miss violentata: da vittima a difensore

La storia della ragazza israeliana vittima di stupro e poi divenuta simbolo della lotta alla violenze sulle donne.


La Miss violentata

È stata costretta con la forza, quasi strangolata e minacciata con un coltello. Poi è stata violentata brutalmente. 
La modella israeliana Linor Abargil aveva 18 anni e si trovava a Milano quando ha subìto l'attacco di un uomo, anche lui israeliano.
Era in Italia per lavoro e qualche mese prima era stata eletta Miss Israele. Un mese e mezzo più tardi avrebbe dovuto partecipare alla competizione di bellezza Miss Mondo, che poi ha anche vinto.

Oggi Linor Abargil ha 34 anni, ma da quando ha ricevuto il titolo, sedici anni fa, ha capito di avere un’opportunità unica: quella di diventare un megafono per tutte le donne che, come lei, avevano subìto violenza sessuale e però non avevano avuto il coraggio di parlarne e di denunciare i loro carnefici.
Grazie alla visibilità che le ha dato il concorso, Linor Abargil è presto diventata una figura di riferimento per chi ha subìto abusi sessuali. Ha cominciato a viaggiare per incontrare e aiutare altre "sopravvissute" come lei, incoraggiandole a rompere il silenzio, smettere di vergognarsi e colpevolizzarsi. "Più se ne parla, più possiamo darci coraggio l’un l’altra", racconta.

La sua storia è diventata un documentario, uscito nel 2013, e intitolato Brave Miss World. In Italia sarà presentato per la prima volta sabato 22 novembre, al teatro Litta di Milano, durante la rassegna Siamo Pari! La parola alle Donne”, organizzata dalla Ong italiana WeWorld Intervita.
Il documentario tratta la vicenda personale di Linor Abargil, che si era iscritta al concorso di Miss Israele per gioco, attirata dall’idea del premio (un viaggio in Thailandia e una macchina nuova), con la spensieratezza di una diciottenne qualunque.

La violenza, però, l’ha cambiata profondamente. Nel documentario compaiono altre ragazze che raccontano la loro esperienza personale. “Non dovete avere paura, la cosa peggiore che potesse capitare vi è già successa”.
Oggi Linor Abargil è diventa un avvocato e un'attivista per i diritti delle donne.

fonte ThePostInternazionale